Il silenzio è un concetto centrale che pervade la filosofia, la psicologia e la musica. L’uomo ha sempre vissuto tra i suoni della natura, ma nel tempo ha cercato di organizzarli, creando la musica come la conosciamo oggi. John Cage, con la sua opera 4’33”, mostra come il silenzio non sia assenza di suoni, ma uno spazio di ascolto attivo, in cui i rumori ambientali sono oggeto d’ascolto. Questa visione richiama anche il concetto di soundscapes di R. Murray Schafer, dove ogni luogo ha una sua identità acustica, formata da suoni tonici, segnali sonori e soundmarks.
Un’altra prospettiva è offerta dal terzo paesaggio di Gilles Clément: spazi abbandonati o marginali che non servono a scopi produttivi. In questi luoghi, lontani dal caos urbano, il silenzio diventa un elemento dominante, pausa e occasione per un ritorno alla natura. Qui l’uomo smette di controllare e diventa spettatore, riscoprendo una dimensione “spirituale” che l’ambiente urbano tende a soffocare.
Nel contesto dell’antropocene, il silenzio è raro e prezioso, e la difficoltà di trovarlo riflette una perdita della dimensione interiore… (secondo Byung-Chul Han), la mancanza di silenzio ha creato una crisi dell’attenzione e dell’ascolto profondo, attivo, sonoro e non, alludendo così all’ossessione per la produttività, il consumo, il successo e la performance, generando così uno stato di “stanchezza” cronica, stress e appiattimento generalizzato. La tecnologia è un altro elemento di questa crisi. Il l’inquinamento tecnologico, visivo e acustico invade il nostro quotidiano e i paesaggi naturali, creando un contrasto/paradosso tra l’uso della tecnologia per criticare la società e il suo impatto ambientale. Ad esempio, strumenti come l’intelligenza artificiale, sebbene possano analizzare la crisi ambientale, richiedono risorse che contribuiscono alla crisi stessa. Psicologicamente l’eccesso di suoni nella vita urbana genera ansia e stress, ostacolando la concentrazione e la connessione con noi stessi e gli altri. La ricerca del silenzio, effettiva assenza di suono, o metaforicamente come stop al media-bombing potrebbe diventare una via di rigenerazione e di riallineamento soggettivo e oggettivo anche per ritrovare un legame più autentico con il mondo.