Manifesto
Per raccontare il progetto di residenza che è Koinótes. La comunità germinativa, non si può usare il concetto dell’a priori ma di un manifesto programmatico e poetico di ricerca collaborativa che si farà seguendo la categoria dell’hic et nunc, prendendo cioè atto del concetto dell’a posteriori, dell’esperienza vissuta, di kantiana memoria.
Il programma si ispira al termine koinótes, usato dal nuovo ambientalismo per indicare un tessuto di connessione completa e interdipendente tra tutte le forme di vita animate e inanimate presenti sul pianeta Terra, sulla base del quale si può costruire un altro equilibrio che permetta l’uscita dall’Antropocene. Una nuova fase evolutiva, il Koinocene, termine coniato dall’antropologo Adriano Favole, cioè il tempo della comunanza.
“Somiglianza”, “comunione”, “partecipazione” e “relazione” tra tutti gli esseri sono i concetti racchiusi nel sostantivo greco koinótes, e nell’aggettivo koinos. Questo termine deve anche ispirare una nuova idea di comunità sociale, che veda la comunità stessa come ambiente comune di appartenenza, di origine, di comunanza. La casa comune. Una visione già condivisa da altre figure, prima fra tutte Donna Haraway, che ci ricorda come tutto è interconnesso, tutto è contaminato, tutto ci riguarda. Nel suo Chthulucene, anch’esso un’ipotesi di nuova era delle connessioni fitte, invisibili e sotterranee, “dagli organismi cellulari endosimbiotici all’origine della vita, abbiamo bisogno gli uni degli altri in una simbiosi obbligata.», spiega. Così Anna Lowenhaupt Tsing parla dei miceli dei funghi, che si sviluppano per chilometri al di sotto delle foreste, creando inaspettate alleanze con il mondo organico e inorganico con cui entrano in contatto.
L’ambiente in cui viviamo, il pianeta Terra e la società di cui facciamo parte, è un sistema olistico, iper-connesso, in cui l’uomo è una piccola parte di un insieme di più soggetti, umani e no. Un grande olobioma all’interno del quale è impossibile determinare chiaramente dove finisce la sfera di azione di una specie ed inizia quella di un’altra.
D’altronde, già nel 1967 Lynn Margulis propose una nuova e rivoluzionaria teoria evoluzionistica basata sulla cooperazione tra gli esseri viventi. Non più individui in competizione progressivamente selezionati da una violenta evoluzione naturale, ma una comunità di agenti che condivide incessantemente forze, obiettivi e patrimonio genetico.
«L’inumano che siamo – ovvero, questa infinita alterità nella sua indeterminazione materiale e animata che vive dentro, intorno e attraverso di noi – ci aiuterà ad affrontare la profondità di ciò che la responsabilità implica» , sostiene Karen Barad, abbinando la sfida del futuro alla possibilità e al dovere di un cambiamento di pratica radicale, in cui l’altro, umano e no, sia un noi da sostituire all’io. Un grande compost comune.
La sfida del progetto di residenza di Koinótes. La comunità germinativa, quindi, il suo desiderio e spirito, è di attivare una pratica aperta e flessibile, organica, che si modifichi trovando via via le proprie regole identitarie e il proprio manifesto. Un’evoluzione germinativa, e fisiologica, spontanea, dove ogni elemento che fa parte del nostro ecosistema umano diventi attivatore, anche solo a livello empatico e non necessariamente dichiarativo, di una metamorfosi continua. La partenza è costituita dalla Casa degli Artisti, una casa a tutti gli effetti, che offre luogo fisico, strumenti e modalità per far incontrare persone raccolte in collettivi e capire insieme quale sia l’evoluzione naturale di questo progetto comune, di questo viaggio insieme. Uno spazio di lavoro comune condiviso, un percorso di esperienza artistica di approcci e pratiche di comunanza, una formazione multidisciplinare sviluppata lungo un calendario di incontri con figure dalle esperienze diverse che diventano, poi, appuntamenti di un public program aperto a tutti dalle 19, con incontri su temi e presentazioni di libri e artisti.
Tra gli ospiti anche Pietro Gaglianò, Serena Carbone e Gabi Scardi (ottobre), Gian Luca Favetto, Marco Enrico Giacomelli e Giulio Verago (novembre), Adriano Favole, Mattin e Margherita Morgantin, Lu Peng, (dicembre), Eugenio Tibaldi, Fabio Guida, Stefano Arienti e Francesca Comisso (gennaio), Driant Zeneli e Irina Novarese (febbraio), Gea Casolaro e Lorenza Boisi (marzo), Atelier dell’Errore, Giacinto di Pietrantonio, Irene Pittatore….
L’approccio è quello di definire insieme le regole di convivenza, da tutti i punti di vista, in base ai soggetti che animano e sono questa convivenza, questa comunità. Una libertà responsabile e costruttiva, di diritti e doveri, dove ciascun elemento è germinativo, è vivo, dove ascolto e confronto e collaborazione e scambio siano parole chiave.
Alcune, però, vogliamo proporle, e sono gli otto punti che formano la Carta dei Diritti delle Piante stilata da Stefano Mancuso, che si ispira a quella che chiama la Nazione delle Piante e al modello rivoluzionario che propone.
Lo condividiamo come uno statuto comune di convivenza.
art.1 La terra è la casa comune della vita. la sovranità appartiene a ogni essere vivente.
art.2 La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come
società basate sulle relazioni tra gli organismi che le compongono.
art.3 La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e
funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate.
art.4 La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle
prossime generazioni.
art.5 La Nazione delle Piante garantisce il diritto all’ acqua, al suolo, all’atmosfera puliti.
art.6 Il consumo di qualsiasi risorsa non ricostituibile per le generazioni future dei viventi è vietato.
art.7 La Nazione delle Piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi,
vivervi senza alcuna limitazione.
art.8 La Nazione delle Piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturali di
esseri viventi come strumento di convivenza e di progresso.
Dopo una call che ha portato oltre 70 collettivi a partecipare, si è enucleato un primo grande gruppo di partecipanti alla residenza, una comunità che si autodetermina in progress e dove l’idea di selezione è stata sostituita da una pratica di inclusione allargata, per trasformarla in una piattaforma a cui per ora partecipano Extragarbo – Venezia, Neutopica – Veneto, Osservatorio Futura (Torino) in collaborazione con Rave East Village Artist Residency (Trivignano Udinese), Progetti Specifici in collaborazione con Dear – Torino, Collettivo TIST – This is so contemporary – Bologna, FUMOGENI in collaborazione con Space 4235/Chan – Genova, Collettivo DAMP –Napoli, Nadir Daily – Milano e Venezia, Guinea Pigs – Milano + Anelo 1997- Roma, Piccolo cinema onirico – Friuli. Poi MURMUR – Milano, Grosso Sonno Viola – Roma e Collettivo Scafandra – Venezia, legati a uno speciale progetto di Laboratorio Aperto di Poesia. E E il topo – Milano e Visualcontainer Italian Videoart Platform – Milano. Ma il gruppo è in continua espansione e accoglienza, ogni collettivo o persona che desideri partecipare a qualche giornata e incontro e benvenuto, in un’ottica reale di rendere la Casa degli Artisti una casa aperta e diffusa.
Così, abbiamo pensato di stilare un diario della casa. Un quaderno di appunti dove annotare pensieri, temi, nomi, parole chiave che escono dal tempo trascorso insieme, dalle giornate con ospiti, dal lavoro condiviso, dai silenzi, dagli scambi di email. Un documento che mantenga anche la forma di bozza per non costringere in una formalizzazione un materiale vivo, spontaneo, a cui attingere nella sua condizione di materia primaria. Per non perdere e condividere, per rendere disponibili a tutti al di là dello spazio e del tempo, ci sono le registrazioni degli incontri, sia quelli relativi solo ai collettivi sia quelli delle presentazioni aperte al pubblico. Sono raccolte qui, in una biblioteca plurale e multi linguistica di Koinótes. La comunità germinativa. Koinótes, poi, ha anche una biblioteca di casa vera e propria, fatta di testi che ospiti e amici lasciano in consultazione aperta per tutti. testi spesso ospiti dei nostri incontri con il pubblico, che vogliono anche proporre un’opinione precisa rispetto al dibattito in corso sulla mancanza di produzione di pensiero critico e di mappatura nell’ambito del mondo dell’arte dagli anni Duemila. Secondo noi si tratta di un difetto di percezione. Esiste una riflessione e una produzione di pensiero critico. Certo, spesso non è oggetto della comunicazione del sistema mainstream e dei suoi canali. Bisogna cercare e ascoltare, guardarsi in giro, alzare lo sguardo dai prodotti e i luoghi promossi dal sistema.
Il nostro diario, parte da un sostantivo che ha declinato Susanna Ravelli:
Abitanza: abitare la comunanza nella modalità con cui le nuvole abitano il cielo e disegnano gli orizzonti (nds). “Abitanza è un lemma arcaico che identifica la dimora, luogo identificato come “casa”. La risignificazione di abitanza richiama la capacità di ecologico adattamento gentile e benevomente lento ai luoghi e contesti, che scegliamo di co-abitare o che ci troviamo ad attraversare. È il tempo della consapevolezza e della conoscenza che non si ferma allo sguardo d’insieme e di controllo tattico, ma accetta di riconoscere e agire corrispondenze e attese pluripercettive. Così la metamorfogenesi delle nuvole è esemplificativa dell’abitanza, abitare un adattamento di relazione tra tutti i fattori che definiscono, uno stato di presenza, capace di trasformarsi creando comunanza.
La comunanza afferma relazioni tra specie non basate su principi di competizione, ma sullo scambio vantaggioso, su quel mutualismo dei sistemi ecocentrici circolari ed interconnessi. Il punto di convergenza di questa riflessione non è più “abitare lo spazio comune”, distinto dal privato, ma risuona in un sistema interdipendente di cor-relazioni di tutto lo spazio e che richiama le teorie della bolla percettiva, Umwelt, di Jakob von Uexküll. L’intersezione consapevole, corrispondente cioè a forme definite e conosciute, di relazioni è solo una piccola parte del possibile esplorabile a cui empaticamente si può invece lasciare più espansione così come le nuvole abitano il cielo nella loro “non forma”, o meglio nella modificazione multifattoriale.
Se la transitorietà delle nuvole è segno visibile della complessità di relazione tra ciò che vediamo e quanto sfugge allo sguardo, sono spesso le emozioni e la memoria che intervengono a inscrivere quelle immagini in una conoscenza appercettiva. La pratica dell’abitanza fa emergere una intersezione di correlazioni non-preformate, mutualistiche o collaborative, che si trasformano e assumono, nella singolarità dell’esperienza, un’identità di approccio non determinato.
L’esperienza dei luoghi, per esempio, se pur transitoria, diventa immersione descolarizzante, come insegna Ivan Illich, ascolto e comprensione attiva di relazioni, empatizzazione con un genius loci in cui ri-conoscere una delle narrazioni possibili ed essere connessione trasformativa. La percezione diventa inevitabilmente atto creativo e trasformativo di comunanza con il biosistema, il paesaggio, l’ambiente, il vivente e non vivente.”
O+S