MyceliuMinds
MyceliuMinds, progetto inedito ideato da Matteo Domenichetti e curato da Milovan Farronato, verrà presentato a Casa degli Artisti giovedì 20 gennaio 2022 alle ore 19.00 con un talk performativo tra il designer e artista Domenichetti e Farronato, curatore indipendente.
MyceliuMinds affronta con un approccio cross-mediale, cross-disciplinare, performativo, interattivo e militante il tema del cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”, ossia quel tipo di capitalismo che ha fatto dell’esperienza umana, resa quantitativa ed esportabile, una materia prima gratuita per pratiche commerciali non palesi.
Il talk è il punto di partenza di una residenza d’artista che prevede altre occasioni pubbliche nei prossimi mesi, in cui il tema e le tesi del progetto saranno performate attraverso una versione live della trilogia video, cuore del progetto stesso, e la proposizione al pubblico di dare avvio a una pratica dissidente, ovvero di “Swinging Club”, che consiste nello scambiarsi i profili tra amici e conoscenti.
La conversazione avverrà all’interno di uno scenario tridimensionale dipinto da Paolo Gonzato come parte della sua on-going serie “Out of Stock” che si avvarrà in questa occasione di volti generati dal sito ThisPersonDoesNotExist. Le pareti di questo ambiente presenteranno anche opere di: Katharina Fritsch, Celia Hempton, Katharina Grosse,Goshka Macuga, Enrico David, Daniele Milvio, Riccardo Paratore, Prem Sahib, Thea Djordjadze.
IL PROGETTO
Domenichetti e Farronato, si incontrano nel gennaio del 2019 durante un evento Gucci, dove il primo lavora come designer dal 2017. Durante le restrizioni del lockdown decidono di lasciare la città e di prendere in affitto una casa isolata immersa nella campagna dell’Oltrepò Pavese, da dove entrambi provengono. Il nuovo domicilio viene da loro concepito subito come luogo di sperimentazioni e incontri, un laboratorio che si anima con soggiorni di artisti e amici, grazie ai quali il nascente progetto MyceliuMinds assume ben presto una dimensione corale e collettiva fatta di generose collaborazioni e fitti scambi di idee.
Domenichetti sente per la prima volta parlare del concetto di micelio da Farronato, che aveva nel 2014 ideato a Rabka Zdròj, in Polonia, insieme all’artista Paulina Olowska, una serie di eventi performativi che avevano come argomento di investigazione la vita dei funghi e la loro possibilità di creare interconnessioni, ispirandosi anche al teatro povero di Grotowski.
Le tesi del progetto vengono esposte in una trilogia di video, dove ogni accadimento si manifesta nella dimensione di un sogno lucido e dove un personaggio onirico, P.O., fa la sua apparizione. I video sono presentati come se fossero stati prodotti da tre diverse notissime riviste, i cui nomi vengono storpiati.
Il primo video rappresenta un bivio di cui gli ultimi due rappresentano i possibili esiti. Nel primo, realizzato come un fashion editorial sulla rivista “Dogue”, Mark Zuckerberg, interpretato dall’artista Sagg Napoli, si presenta in studio dalla sua psicoanalista (Milovan Farronato) e racconta di aver avuto un incubo: un personaggio mascherato da cane (P.O.) compariva a dei ragazzi su una montagna e parlava di inquinamento dell’ecosistema virtuale, di raccolta furtiva dei dati da parte delle tech companies e di meccanismi di sorveglianza e di manipolazione.
Il canide proponeva una soluzione di collaborazione radicale ma poi prendeva parola anche la sua ombra, che suggeriva invece una pratica dissidente per mettere in crisi l’intero sistema. Nella finzione narrativa Zuckerberg racconta alla sua analista di avere avuto questo incubo dopo aver visto la pagina di instagram Canis_in_Somno, un profilo pubblico che esiste da alcuni mesi e su cui una serie di contenuti e collaborazioni sono state esposte.
La pagina si presenta come un paesaggio onirico costruito sopra il profilo plagiato di Mark Zuckerberg, i cui post sono stati infestati da interferenze e sovrapposizioni video di frammenti di talk di attivisti dissidenti, scienziati e altri personaggi carismatici. Scelto tra vari personaggi della Silicon Valley legati ai meccanismi del capitalismo della sorveglianza, Mark Zuckerberg è utilizzato come volto iconico di riferimento per l’elaborazione artistica del progetto. Nel tessuto del profilo si aprono anche dodici poster realizzati dai seguenti artisti internazionali: Enrico David, Maria Loboda, Sergio Breviario, Prem Sahib, George Henry Longly, Mathilde Rosier, Sissi, Christian Holstad, Camille Henrot, Goshka Macuga, Christodoulos Panayiotou, Beatrice Marchi e Paulina Olowska.
Una grande architettura miceliare dipinta dall’artista Paulina Olowska crea il collegamento tra le parti.
Dall’intro si accede ai due distinti finali in cui a prendere la parola è in uno il personaggio onirico e nell’altro la sua ombra. L’ombra presenta la sua soluzione dissidente tra le pagine di un fumetto della DC comics e parla della profilazione, il meccanismo secondo il quale ad ogni utente viene cucito addosso il proprio profilo sempre più su misura, in base ai gusti che esprime e alle scelte che fa all’interno delle app. La pratica dissidente qui proposta si chiama “Swinging Club” e consiste nello scambiarsi i profili tra amici e conoscenti: un gioco semplice, ma non innocuo, che se adottato su larga scala avrebbe conseguenze destabilizzanti, gli algoritmi impazzirebbero, rendendo gli “scambisti” dei target imprevedibili.
Nel secondo finale P.O. presenta invece la visione di una macro-app al riparo della sorveglianza, fluida e libera: Mycelium. La metafora utilizzata per immaginare la macro-app è per l’appunto il micelio, corpo labirintico ififorme dei funghi, tessuto connettivo ecologico che connette le piante tra loro, permettendo loro di comunicare chimicamente, in quello che viene chiamato “wood wide web”. Questo secondo finale suggerisce in qualche modo un’istituzionalizzazione radicale mediante un’app costruita come un micelio, protetto sottoterra, che avventurosamente si collega ai vari social come se fossero diverse piante, in modo da poter vedere la foresta non più da un’unica stanza prospettiva, ma da tutti gli angoli possibili.
BIO
Matteo Domenichetti lavora come fashion designer nel team di Gucci dal 2017 ed è studente al secondo anno di Scienze e Tecnologie per la Natura all’Università di Pavia. Interessatosi negli ultimi anni alle tematiche della Data Justice, cerca di sviluppare idee creative di resistenza e di innovazione utilizzando metafore e processi provenienti dai suoi studi scientifici sul mondo naturale.