Calcestruzzo – Nicola Di Giorgio

Calcestruzzo è un progetto a lungo termine avviato nel 2020 all’interno di uno studio temporaneo situato all’interno dell’edificio della casa natale dell’artista. Un luogo di memoria che ha creato un intreccio tra passato, presente e futuro. Da questa base, il progetto si configura come un tavolo democratico aperto, dove gli elementi coesistono, confliggono e si riequilibrano secondo il loro peso contenutistico e il valore storico e culturale.

Al centro di Calcestruzzo si colloca la ricerca, intesa come pratica disciplinata e strumento di conoscenza, che diventa divulgazione e, al tempo stesso, occasione di riflessione sul proprio vissuto. L’idea centrale è che l’immagine del passato si connetta a quella del presente e anticipi quella del futuro, in una dinamica continua e stratificata.
Fondamentale è l’approccio tassonomico, che si basa sulla pratica del collezionismo e sull’utilizzo dell’archivio come strumenti artistici di ricerca. L’accumulo ostinato e ossessivo di materiali eterogenei, trovati o acquistati sul mercato digitale globale eBay, è alla base del processo. Attraverso questo canale, l’esperienza della ricerca, guidata dalla parola chiave “calcestruzzo”, ha permesso di esplorare e ricostruire un’ampia stratificazione storica di “materiali parlanti” legati al calcestruzzo. Ne scaturisce una narrazione che attraversa i Boom Economici ed Edilizi italiani a partire dagli Anni Cinquanta, proiettandosi verso il 2050, anno in cui l’Unione Europea si è posta l’obiettivo di minimizzare l’impermeabilizzazione del suolo.
Casa degli Artisti diventa oggi un’estensione dello studio temporaneo del 2020: un laboratorio in cui la ricerca condotta negli ultimi quattro anni prende forma in nuovi linguaggi e applicazioni. Qui il progetto evolve, dando vita a un libro (previsto per il 2025) e a future esposizioni, tra cui una personale al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, frutto del Premio Graziadei per la Fotografia vinto nel 2022. Inoltre, lo studio temporaneo diventa un luogo di germinazione per nuove opere attraverso la pratica dell’assemblage, che traduce documenti e feticci in un sistema visivo complesso. Elementi disomogenei dialogano nello spazio, creando giustapposizioni e rimandi culturali generativi.

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